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Good Bai
Vi presento Giovanni Bai, sociologo, artista e di un'anarchia caleidoscopica
Oggi vi
presento uno dei miei ultimi videoritratti, sono andato a casa
dell’artista Giovanni
Bai,
ho fatto il mio videoritratto, sono tornato a casa e mi sono fatto mandare una
scheda informativa che riporto nei tratti essenziali: Giovanni Bai (Milano,
1952) è sociologo,
artista e agitatore culturale. Nel 1990 ha
fondato l’associazione culturale Museo Teo, “museo senza sede e senza opere”,
una atipica istituzione per la diffusione dell’arte contemporanea che dal 1991 pubblica
la rivista Museo
Teo Artfanzine,
di cui è direttore. La sua ricerca si articola attorno ai problemi delle
metropoli e della comunicazione e del funzionamento dei media. Nella sua
produzione artistica utilizza la tecnica che ha messo a punto negli ultimi
trent’anni, chiamata videopittura, basata sulle
tecnologie videofotografiche e informatiche. Ha esposto nelle principali città
italiane e a Parigi, Londra, Berlino, Tokyo e Shanghai. Ha insegnato Storia del
pensiero sociologico (Università
Statale, Milano).
Ecco, questa è
la scheda informativa, ora
dico la mia. Giovanni
Bai è bello, allegramente bello. Giovanni Bai è intelligente, allegramente
intelligente. Giovanni Bai è un agitatore culturale, ma credo che non disdegni
agitare anche un Martini zerozerosettesco. Giovanni Bai è erotico,
fanciullescamente erotico. Ha una passione smodata e modulata per il Giappone.
Emana raggi fotonici anarchici, un'anarchia caleidoscopica che
rivela le contraddizioni della società. Gli piace giocare, e io mi trovo sempre
bene con le persone che amano il gioco. Giovanni Bai è leggero, ma nel senso
spirituale, infatti il museo Teo è senza sede e senza opere, può essere
ovunque, in ogni luogo, ma soprattutto trova sede nella nostra mente.
Spesso e
volentieri espone in una stanza della sua bella casa milanese, gli artisti
prestano le loro opere, poi ci si dà appuntamento per il vernissage
Casalingo,
ognuno porta qualcosa: una crostata fatta in casa, una bottiglia di spumante o
prosecco, un vino rosso o bianco, una tortina salata e così via. Si mangia, si
beve, si chiacchiera, si passeggia nella casa, con la stanza adibita a museo
che è sempre pronta ad accoglierti come un'amica che ti bisbiglia l'arte
nell'orecchio, questa è cultura! Senza la prosopopea di certa arte, il museo
Teo parla sempre del presente, sta dalla parte di chi lotta per i diritti
civili, rifugge il palazzo del potere, la sua lotta è ad ampio raggio, libera,
lieve, intollerante verso
ogni forma di ingessatura istituzionale, si articola invece nel vissuto di
ognuno di noi, mettendo su un piedistallo fluente il nostro quotidiano,
evocando le infinite possibilità dell'immaginazione, non a caso sulla parete
d'ingresso dell'appartamento di Bai c'è un biliardino sospeso, un calcio
balilla metafisico, con gli omini a testa all'ingiù, in assenza della pallina
da gioco, ma dopo un po'capisci che il senso è questo: la pallina c'è ed è
semplicemente la nostra immaginazione. Sopra la sua postazione di lavoro c'è la
foto di un immenso capezzolo che Bai chiama "la mia luna".
Anche io ho una passione per i
capezzoli, fin da quando sono nato! Il capezzolo è vita, nutrimento, piacere.
Ogni artista non può fare a meno del capezzolo, sia esso simbolico o reale. Il
capezzolo è tutto. Giovanni Bai è un bambino che rinnova sempre la propria
infanzia con la consapevolezza di un adulto. Gli piace sperimentare, mette in
risalto le distorsioni delle metropoli attraverso la sua arte, perché l'arte è un atto comunicativo complesso che
ha il compito di rivelare le nostre mancanze, le nostre distorsioni, appunto.
L'essere umano è proprio quell'animale che ha questa capacità neoprometeica di
distorcere la propria natura attraverso la tecnica, ma se alla tecnica togli la
leggerezza del gioco e della libertà, non restano che i campi di sterminio
psichico.
Il Museo Teo è quindi un museo amico, amico
dell'umanità (il nome Teo deriva appunto dal cognome di un caro amico e
collaboratore di Giovanni Bai), è un museo che parla del presente ma che è già
proiettato verso un futuro cosmico di annichilimento totale, tutti i musei del mondo, dal
Louvre all'Ermitage, diventeranno musei senza sede e senza opere, annientati
dalla follia nucleare dell'uomo o dall'implosione di questa stella che ci è
Cascata addosso: il sole. Nel frattempo però, come in un film di Woody Allen, dobbiamo pensare a giocare,
divertirci, immaginare, perché il sole è ancora lontano dall'implodere e forse
la guerra nucleare non ci sarà, l'uomo non può essere così stupido da ridurre
in cenere questa crosta terrestre così croccante e saporita.
In ogni caso, come direbbe l'Ecclesiaste tascabile
e personale di Bai: c'è un tempo per nascere e un tempo per rinascere con una nuova cravatta colorata, mai per morire.
- [Ricky Farina]
ANAMORFOSI DEL PRESENTE
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FUNGHI
GIOVANNI BAI
FUNGHI (1988-2023)
CLOSLIEU LA TRACCIA
VIA COL DI LANA 30 – MONZA
INAUGURAZIONE DOMENICA 16 APRILE 2023 ORE 18
FINO AL 30 APRILE
SOLO SU APPUNTAMENTO 3336307204 (anche WHATSAPP)
www.facebook.com/events/942872340051070
Anche se la mia ricerca si è sempre incentrata attorno al ritratto [**] e al corpo umano e al paesaggio, soprattutto urbano, non era la prima volta che affrontavo la natura morta. Due anni prima, nel 1986, invitato dalla Interform Gallery di Tokyo-Osaka mi ero inventato le NUOVE NATURE MORTE, esposte poi alla galleria Il Salotto di Como.
Vale la pena di raccontare come andò la storia del mio primo
lavoro giapponese. Siamo nel 1985, giro per le gallerie di Tokyo con la
cartelletta con le mie immagini: una gallerista che ho conosciuto l'anno prima
dice che vuol vedere i lavori e non le bastano le fotografie, sebbene le abbia
spiegato che quelle fotografie SONO i lavori. Probabilmente aveva capito
benissimo ma... Altri sono gentili ma evasivi, finché mi spiegano che sono un
vero maleducato a presentarmi senza intermediari giapponesi, e così mi trovo
seduto a un tavolo con Michiyo che parla a Kyoko che parla al direttore della
galleria, che è seduto di fronte a me. Ci sarebbe da ridere, però mi
commissionano un set di cartoline, per
cui sceglierò come soggetto FOGLIE e FRUTTA, ma anche le bottiglie del CampariSoda [***],
un classico dei miei still life.
Tra queste immagini anche una versione della Canestra di
Caravaggio, che mi piace ripresentare in questa mostra, dove la tecnica
videopittorica sostituisce quella pittorica tradizionale (il formato è più o
meno simile) ma anche il soggetto è costituito da FRUTTA in materiale plastico.
Nel 2022 riprendo una suggestione di qualche anno prima e mi dedico allo studio della micologia (tanto per ricordare la celebre partecipazione a Lascia o Raddoppia di John Cage [****]). Ma i FUNGHI non sono solo il soggetto: sono anche la TECNICA. Le tracce di fungo sulla carta da forno possono ricordare a volte ad anime sensibili certe immagini del Museo di Hiroshima, ma sono pittura pura. A volte salvo la traccia pura, a volte ricorro alla colorazione, poi alla ripresa videofotografica e alla scannerizzazione, fino alla dima e al monotipo.
E infine del
radicchio, tardivo, ovviamente. [*****]
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[*] Che è la
teorizzazione della videopittura, come l'avevo formulata a partire dal 1984.
[**] (la mostra dedicata ad
Andy Warhol è del 1987)
[***] A Tokyo,
a Nogizaka nel 1984 c'era un distributore automatico di lattine di CampariSoda,
molto più gasato del nostro: venticinque anni dopo c'era ancora, ma l'ultima
volta non ricordo...)
[****] (che avevo fotografato nel 1977)
[*****] 2023 (come la citata scultura della foglia, realistico
ed abbastanza improbabile, ma mi risulta come un omaggio,
seppure tardivo, a Graham
Sutherland).
70
Tutto è iniziato trent'anni fa. Gigliola Rovasino mi aveva invitato a esporre nella sua storica Galleria di Porta Ticinese, che negli anni settanta era stata il centro della vita politica degli artisti milanesi con la Mostra incessante per il Cile. I tempi erano cambiati, e anche lei, e quindi aveva deciso di chiudere la galleria: la mia sarebbe stata l'ultima mostra. Decisi che il tema sarebbe stato in sintonia con la storia della galleria, anche se in anni recenti l'impegno si era stemperato: Ogni scarrafone è bello a mamma soie il titolo e Andreotti, Cossiga e Craxi i soggetti. In mostra i loro ritratti manipolati elettronicamente e altrettante sculture raffiguranti insetti vari, tuttavia colorati e non ripugnanti. Concordammo la data dell'inaugurazione nel giorno del mio compleanno, il mio quarantesimo compleanno.Dieci anni dopo decisi che l'esperienza andava ripetuta, e per un certo periodo pensai che sarebbe stata la mia ultima mostra. I fatti della vita ci raccontano che fu solo lo sbandamento di un attimo. Mi mossi per tempo e, seppure con qualche esitazione chiesi a Lea Vergine di scrivere qualcosa per me, senza sperarci neppure troppo. La sventurata rispose e scrisse un bellissimo testo che accompagnò la mostra Breve storia epistolare dell'arte (con una lettera di Lea Vergine), che fu anche un numero di Museo Teo Art Fanzine, una vera rivista d'artista confezionata a mano e con il contributo, alla macchina da cucire, di mia madre. Questa volta ci ospitò lo Studio D'Ars. Ovvio che anche per i sessant'anni feci una mostra, 60 x 60 che fu ospitata da Pigreca (Flavia Alman e Sabine Reiff).
Più sommessamente (neanche tanto, perché ci fu una cena marocchina) ho festeggiato anche i sessantacinque all'interno della mostra S/Corporea.
Ora sono settanta. Non sono tempi da grandi mostre, prima (e ancora) la pandemia e ora la guerra in Ucraina. Sarà una mostra minimale e, purtroppo solo una mostra e non una festa. Magari un po' sì...
70 Giovanni Bai
Museoteo+
giovedì 24 marzo 2022
dalle 17 alle 21
Via Stromboli 3 Milano (cit 9)
sabato 26 e domenica 27 solo su appuntamento
museoteo@gmail.com – 3338498282
RSVP
(autobus 50 54 68 – tram 10)
Giovedì 12 maggio 2022 nel quadro del festival Sguardi Altrove è stata presentata presso Anteo Palazzo del Cinema l' ANTEPRIMA MONDIALE di DONNADARTE, GIGLIOLA ROVASINO di Valerio Finessi (Italia, 2021, '68) ·